Con la sentenza n. 20096 del 13 luglio 2023 la seconda sezione civile della Corte di cassazione si è pronunciata in tema di immissioni di rumore e odori provenienti da bar, pizzerie e ristoranti in condominio.
Preliminarmente la Suprema Corte ha ribadito l’applicabilità nell’ipotesi di condòmino che, nell’utilizzo del proprio immobile o delle parti comuni, genera immissioni moleste o dannose per altri condomini, della disposizione di cui all'art. 844 c.c. secondo la quale il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avendo anche riguardo alla condizione dei luoghi.
Prosegue poi osservando che il concetto di normale tollerabilità va determinato volta per volta nel caso concreto in funzione delle caratteristiche del luogo in cui le immissioni si diffondono e tenendo conto, pur non essendo criterio di per sé solo a rendere lecite le immissioni, della destinazione dell’area in cui si le stesse si manifestano.
Anche con riferimento alle immissioni acustiche gli Ermellini, ritenuta non vincolante la normativa pubblicistica in quanto afferente alla disciplina dei rapporti tra privato proprietario privato dell’immobile produttivo di immissioni e l’autorità pubblica preposta alla vigilanza dei parametri ambientali di legge, ritengono applicabile, nei rapporti tra privati, la suddetta disposizione del Codice Civile quand’anche quei parametri vengano rispettati.
Sulla base di tale premessa la Cassazione richiama quell’orientamento giurisprudenziale ormai consolidato secondo il quale è da ritenersi superato il limite della normale tollerabilità delle immissioni acustiche allorché si riscontri un aumento dell'intensità del rumore di fondo di oltre tre decibel.
Particolarmente significative sono le argomentazioni sotto il profilo risarcitorio.
In particolare la decisione della Suprema corte si caratterizza in quanto a favore del danneggiato da immissioni intollerabili, quindi illecite, riconosce, anche in difetto di danno biologico, il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale, conseguente alla lesione del diritto al riposo notturno, alla serenità e alla quotidianità quali diritto garantiti dalla Costituzione la cui prova può essere offerta tramite presunzioni, senza la necessità di di provare un effettivo cambiamento delle proprie abitudini (già sul punto Cass. civ., sez. un., n. 2611/2017 e Cass. civ., n. 11930/2022).
Scritto da: Alessandro Klun
(@acenacondiritto)
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