Nell’ipotesi di tavolata formata da più persone va detto preliminarmente che nessuna legge obbliga il titolare di un’attività di somministrazione ad effettuare un conto unico o non gli permette di suddividerlo per il numero dei commensali.
Ciò detto la risposta parte necessariamente da una considerazione: quello che si instaura tra ciascun cliente e il titolare di un’attività di somministrazione è un autonomo rapporto di natura contrattuale che si perfeziona al momento dell’ordine.
Da quel momento, nel caso di unico tavolo con più ospiti, ci saranno tanti contratti quanti saranno gli occupanti, escluso un rapporto unitario per il solo fatto che più soggetti sono riuniti attorno ad esso.
Pertanto, salvo diverso accordo tra le parti che deve essere concluso al momento della prenotazione o al più tardi dell’ordine, ad esempio tramite un esplicito avviso o espressa indicazione sul menù, l’imprenditore della ristorazione sarà tenuto a effettuare un conto per ogni cliente che ne fa richiesta.
In definitiva ogni ospite è tenuto a pagare la somma corrispondente a ciò che ha consumato, ferma la possibilità per il suddetto imprenditore, per evidenti ragioni di praticità e comodità, di ripartire il conto in pari misura tra i clienti di uno stesso tavolo.
Peraltro, così detto della possibilità, salvo patto contrario, di effettuare tanti conti quanti sono i commensali di uno stesso tavolo, l’imprenditore ristorativo non potrà rifiutare la modalità di pagamento che ciascuno di essi propone.
Ciò in quanto da un lato è tenuto, se richiesto da ogni cliente, ad accettare il pagamento elettronico così come previsto dal Decreto-legge 179/2012, articolo 15, comma 4, c.d. Decreto Crescita 2.0. convertito dalla L. n. 221/2012 e successive modifiche, che ha introdotto a decorrere dal 30 giugno 2022 anche per i locali di somministrazione alimentare l’obbligo di utilizzo di strumenti di pagamento elettronici, tramite Pos, carte di pagamento, relativamente ad almeno una carta di debito, una carta di credito e alle carte prepagate, a prescindere dall’importo oggetto della transazione, con l’avvertenza che l’eventuale rifiuto comporta l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria pari a 30 euro, aumentata nella misura percentuale del 4% sul valore della transazione negata.
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