Ma è legittimo per il titolare di un bar, ristorante o in genere attività di somministrazione alimentare vietare l'ingresso e il servizio a un cliente esclusivamente sulla base di ciò che quest’ultimo indossa o stabilire un determinato dress code cui condizionare l’accesso al proprio locale?
La risposta parte necessariamente da un dato normativo.
Il Regolamento di esecuzione del TULPS (testo unico delle leggi di pubblica sicurezza) prevede espressamente che "… Salvo quanto dispongono gli artt. 689 - somministrazione di bevande alcooliche a minori o a infermi di mente - e 691 del codice penale – somministrazione di bevande alcooliche a una persona in stato di manifesta ubriachezza -, gli esercenti non possono senza un legittimo motivo, rifiutare le prestazioni del proprio esercizio a chiunque le domandi e ne corrisponda il prezzo”. Se il rifiuto di servire un cliente non è legittimo, può essere una contravvenzione il cui importo va da 516 a 3.098 euro.
Per effetto di detta norma in mancanza di un motivo legittimo non è possibile rifiutare il servizio richiesto dal cliente; tuttavia, posto che tale motivo non è ad oggi in alcun modo definito, rimane tuttavia la necessità di verificare se il vestiario inadeguato può rientrare o meno in tale concetto.
In linea generale, fermi restando i limiti del decoro e del buoncostume, l’outfit dell’avventore non può costituire legittimo motivo in forza del quale è consentito inibirgli l’ingresso, risultando altrimenti tale rifiuto esclusivamente discriminatorio.
Resta tuttavia facoltà del titolare del locale, in base a generali principi di libertà organizzativa e di iniziativa economica garantita dall’art. 41 della Costituzione, stabilire limitazioni all’ingresso a clienti il cui abbigliamento non è ritenuto adeguato in relazione alla tipologia e all’immagine che lo stesso titolare vuole dare al proprio locale, a maggior ragione nelle ipotesi in cui la necessità di un determinato dress code quale condizione per accedere (es. serata con abito lungo per le signore) venga indicata all’entrata del locale o comunicata preventivamente con adeguati strumenti informativi.
Al di fuori di tali ipotesi, esclusioni o restrizioni all’ingresso che nulla hanno a che fare con la libertà d’organizzazione interna all’attività non possono valutarsi come “legittimo motivo” per rifiutare l’accesso e il servizio.
Scritto da:
Alessandro.K
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