Nel nostro ordinamento il ristoratore o titolare di attività di somministrazione alimentare non è obbligato ex lege ad offrire gratuitamente acqua del rubinetto alla propria clientela ma solo di disporre nel proprio locale di acqua potabile in base a specifici requisiti igienici.
Pertanto, l’offerta di acqua dal rubinetto rappresenta una scelta diretta ad assecondare una richiesta specifica del cliente e non un’imposizione, per cui l’eventuale rifiuto del titolare dell’attività non è sanzionabile
Ciò a differenza di quanto accade, ad esempio, in Spagna dove recentemente è stato introdotto l’obbligo per tutti coloro che somministrano alimenti e bevande di servire ai propri ospiti acqua di rubinetto in caraffa o bottiglia.
Nel caso di somministrazione di acqua di rubinetto va comunque rispettata la disposizione prevista dall’art. 13 del D. Lgs. 181/2003: “Le acque idonee al consumo umano non preconfezionate, somministrate nelle collettività e in altri esercizi pubblici, devono riportare, ove trattate, la specifica denominazione di vendita “acqua potabile trattata o acqua potabile trattata e gassata” se è stata addizionata di anidride carbonica”, come nel caso della microfiltrazione.
Per evidenti ragioni di qualità e di garanzia igienico-sanitaria l’acqua di rubinetto viene sottoposta a continui controlli sia da parte del soggetto erogatore che della competente Azienda Sanitaria locale, controlli diretti a far sì che, sin dal momento della somministrazione da parte del ristoratore, vengano rispettati i requisiti previsti dal Decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, adottato in attuazione della direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano, entrato in vigore il 18 marzo 2001.
Scritto da; Alessandro Klun
(@acenacondiritto)
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