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Perchè parlare di teologia culinaria?

Immagine del redattore: Dott.re Emanuele FalcinelliDott.re Emanuele Falcinelli

Per le religioni la fede si pratica anche a tavola. Cibo e bevande, in questo quadro, costituiscono strumenti per instaurare relazioni con l'altro.



Nel pieno rispetto di chi rifiuta un’appartenenza religiosa, è bene ricordare che ogni religione conosce regole alimentari, il cui rispetto si ripercuote nella vita quotidiana del fedele, modellando una visione antropologica che non può essere sottovalutata. La prassi alimentare diventa, così, una componente abituale per affermare, misurare, testimoniare e vivere la socialità.


La ragione per cui gli ebrei mangiano kasher (qualsiasi cibo ritualmente puro secondo la legge religiosa ebraica.) e i musulmani halal (parola araba ḥalāl, infatti, significa letteralmente consentito e si contrappone ad harām, che vuol dire proibito. Il termine indica, dunque, qualsiasi azione autorizzata dalla legge islamica e, in senso alimentare, si traduce nella lista degli alimenti e dei processi produttivi che è permesso mangiare.); l’ampia diffusione dell’alimentazione vegetariana e vegana che proviene dalle tradizioni religiose orientali; l’obbligo, spesso in disuso, tra i cristiani di una diversificazione alimentare sulla base del calendario liturgico; sono tutti elementi che dovrebbe giustificare l’importanza di una riflessione di teologia culinaria.


 

Di: Emanuele.F


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