Fattispecie tutt’altro che infrequenti quelle, per esempio, di un soprabito lasciato sull’appendiabiti e non ritrovato all’uscita dal locale o della borsa sottratta dalla sedia. In sostanza, è legittimo chiedersi se in tali ipotesi sussiste o meno una responsabilità del ristoratore e, di conseguenza, se è possibile chiedere il risarcimento dei danni subiti. In tutti questi casi può dirsi concluso un contratto di deposito avente ad oggetto la consegna, dal cliente al ristoratore, di una determinata cosa allo scopo di custodirla per far sorgere nel depositario l’obbligo della restituzione. Individuata la fattispecie di riferimento va rilevato che vengono estese al ristoratore, per espressa disposizione di cui all’art. 1786 c.c. (si parla espressamente di “imprenditori di case di cura, stabilimenti di pubblici spettacoli, stabilimenti balneari, pensioni, trattorie, carrozze letto e simili”) le norme previste dagli artt. 1783 e s.s. c.c. in materia di deposito in albergo. Ma con una sostanziale differenza, tra albergo e ristorante, al fine della determinazione della responsabilità – più limitata in quest’ultimo – considerate le differenze strutturali delle due categorie nonché le diverse modalità di godimento ed esecuzione delle rispettive prestazioni. Mentre l’albergatore è responsabile ex recepto per tutte le cose portate dal cliente nei suoi locali (per tutto il tempo in cui il cliente dispone dell’alloggio e in qualsiasi parte della struttura si trovino sia pur entro un determinato limite di valore sino a cento volte il valore del pasto consumato) il ristoratore per le cose non consegnate direttamente in custodia è responsabile limitatamente a quelle di cui è opportuno liberarsi per il miglior godimento della prestazione (ad esempio, appunto, il cappotto, la pelliccia, l’ombrello, il cappello, ecc.), mentre restano sotto la diretta vigilanza del cliente le altre cose che porta addosso e che non costituiscono intralcio alla consumazione del pasto. Nel primo caso, la responsabilità per i beni, anche se non affidati alla custodia del titolare del locale, sussiste per l’eventuale furto di cappotti, pellicce, ombrelli, cappelli (ecc.), mentre, nel secondo, per la sottrazione (come anche la perdita o il deterioramento) di oggetti che rimangono sotto la sorveglianza del proprietario (come la borsa, il portafogli o il cellulare ad esempio), il ristoratore non può rispondere. In sostanza se il furto concerne oggetti, pure non consegnati direttamente al ristoratore, di cui è normale che il cliente si liberi per il miglior godimento della prestazione offertagli dal ristoratore (è assai difficile pensare, infatti, all’avventore di un locale che, sia anche per consumare un panino, resti con il soprabito ancora indossato o sulle gambe, oppure il cappello in testa o l’ombrello ancorato al braccio) ricorre la responsabilità dell’imprenditore. Se il medesimo evento colpisce oggetti ben possono restare sotto la diretta sorveglianza del proprietario perché non costituiscono intralcio per la consumazione del pasto, il titolare del locale non è responsabile.
Author: Alessandro Klun
(@acenacondiritto)
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