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Writer's pictureDott.re Emanuele Falcinelli

L’ ALIMENTAZIONE IN ERA PRE-POST PANDEMIA DA COV-SARS 2


In occasione del Festival del Gionalismo Alimentare e della tematica che sarà affrontata il 27 Settembre 2021 (LE NUOVE ABITUDINI ALIMENTARI CHE RIMARRANNO DOPO LA PANDEMIA) ho deciso di pubblicare una ricerca fatta da me grazie agli studi che sto affrontando sull' alimentazione in era pre-post pandemia. Buona Lettura



“L’apporto della cultura ‘popolare’ alla costruzione del modello alimentare italiano sembra essere stato particolarmente rilevante”; queste parole appartengono allo storico e docente Massimo Montanari. Con questa affermazione andrò a descrive come si è strutturato il concetto di alimentazione e il comportamento alimentare nell’ era pre - post pandemia che ha influito molto nel settore sia a livello economico che sociale. La produzione e il consumo di cibo non sono stati immuni al fenomeno della pandemia. L’agricoltura ha risentito della mancanza di operai per il raccolto; l’industria alimentare è stata intaccata negli standard di sicurezza del lavoro; la ristorazione è stata immersa dai costi che corrono a fronte di entrate svanite. Le misure di chiusura prese dai paesi in tutto il mondo hanno danneggiato la produzione agricola e interrotto i canali per l’ approvvigionamento. Tutto questo ha scaturito una crisi alimentare che non si vedeva da molti anni. La pandemia ha cambiato notevolmente le nostre abitudini facendoci riscoprire una dimensione diversa del vissuto quotidiano e costringendoci, in pochissimo tempo, a riadattare il nostro stile di vita. Questo perché il dover trascorrere gran parte del tempo in casa ha favorito per le persone la possibilità di dedicarsi alla preparazione e alla condivisione dei pasti con i propri famigliari. La diffusione da Cov-Sars 2 ha creato delle distorsioni sia nella domanda che nell'offerta del cibo andando ad aumentare i prezzi dei beni di prima necessità come riso e grano i quali erano oggetto di acquisti continui da parte della popolazione entrata in uno stato confusionale e di paura. In questa fase di emergenza non tralasciamo lo spreco alimentare che come ci riporta il Waste Watcher International Observatory on Food and Sustainability è diminuito in quanto la popolazione ha acquisito più consapevolezza anche se i dati ci mostrano che 5,2 tonnellate di cibo sono finite nella spazzatura, prendendo in considerazione le mura domestiche e tutta la filiera. A differenza dell’ influenza aviaria e della peste suina, il Covid-19 non ha intaccato la produzione di origine animale ma il settore agricolo che ha trovato molte difficoltà a reperire manodopera per la raccolta e distribuzione delle materie prime all’ interno di tutta la filiera. Un fenomeno a cui si è assistito è stata la difficoltà che i lavoratori stagionali hanno incontrato nello spostarsi tra i diversi paesi, e la necessità di garantire il distanziamento anche sui campi dove vengono portate avanti le colture di base (frumento,mais,soia) oltre che di frutta e verdura tant’è che nella seconda ondata di pandemia oltre 3 milioni di italiani hanno incontrato problemi nell’affrontare le spese alimentari facendo ricorso a mense e aiuti da parte di enti. Continuando a parlare di filiera possiamo notare come l’ agricoltura del nostro paese sia un punto nevralgico, infatti viene considerata il motore della sostenibilità dando per il 60 % un contributo sostanziale nella lotta contro il cambiamento climatico e andando a rinnovare la centralità sociale del cibo e di chi lo produce. Per il nostro paese mangiare sano e sostenibile significa rispettare i criteri e i valori del cibo quindi anche i requisiti di produzione e distribuzione come: la sicurezza alimentare, la tracciabilità , la salubrità delle materie prime e la convenienza.


Questo per la popolazione significa garantire il proprio benessere psicofisico; gli italiani chiedono quindi maggiori risorse per l’ agricoltura sostenibile in modo da poter consumare prodotti più sani e che rispettino l’ ecosistema.


La situazione però non ha migliorato le cose nei paesi più poveri, nei quali l’ arrivo della pandemia da Cov-Sars 2 ha messo a dura prova le economie già fragili andando ad impattare sulle popolazioni più vulnerabili e in particolare sull’ aspetto nutritivo di queste. Un giornalista del New York Times ha affermato che il Covid-19 è una “livella” ossia colpisce in uguale misura il ricco e il povero ma in realtà è il contrario: a pagare sono solo i poveri. Secondo il WFP (World Food Program) nel mondo già 135 milioni di persone avevano carenze di cibo, ad oggi si potrebbero aggiungere altre 130 milioni causa pandemia andando ad avere un totale di 265 milioni di persone che soffrono la fame. Tutti questi fattori hanno contribuito inoltre alla chiusura delle scuole in molti paesi, condizionando ancora una volta le scelte alimentari, un declino che secondo gli esperti è avvenuto per la difficoltà di reperimento e acquisto di materie prime ricche di macro e micro nutrienti rischiando così di far emergere svariate conseguenze per la salute. Di fatti è emerso che le persone con un comportamento alimentare errato o con grave malnutrizione riscontrano un peggioramento della malattia in quanto se contagiati da Covid -19 i sintomi pervenuti come: difficoltà respiratorie e perdita di odore o gusto andranno ad influenzare l’ assunzione di cibo. Per questo viene anche sottolineata l’ importanza di identificare i fattori legati all'alimentazione che potrebbero influenzare l'evoluzione della malattia stessa. Studi recenti hanno evidenziato il rapporto tra disturbi del comportamento alimentare (DCA) e Covid-19, dimostrando come la pandemia abbia rappresentato per i pazienti già affetti da tali problemi (con un aumento del 30%) una vera e propria minaccia per la loro salute psichica, in particolare nei soggetti più deboli. Questo è avvenuto per il cambiamento delle dinamiche quotidiane e dello stile di vita influenzando, e in alcuni casi, esasperando certi comportamenti patologici.


L’ evoluzione della spesa nei vari comparti:


Andando ora ad analizzare la filiera relativa al cibo, si è evidenziato che durante questo periodo la GDO (Grande Distribuzione Organizzata) ha contribuito mettendo a disposizione nuove possibilità per poter effettuare gli acquisti.


Come? Permettendo ai consumatori di poter acquistare online i beni di prima necessità. Stando proprio a questi ultimi possiamo notare tramite alcuni dati come in tutto il nostro paese coloro che comprano online sono 29 milioni.


Ma la paura per la pandemia, che si è originata nei paesi asiatici , ha spinto i consumatori da un punto di vista psicologico ad essere diffidenti verso i prodotti stranieri e a preferire prodotti di qualità certificati all'origine. Infatti secondo delle stime il 70% della popolazione è propensa nell’ acquistare prodotti DOP, IGP e STG. L’ ISMEA (Istituto dei servizi per il mercato agricolo alimentare) tramite una ricerca ha fatto emergere che la spesa domestica dei prodotti alimentari è una delle poche variabili in cui il Covid-19 ha avuto un impatto “positivo” mantenendo così sempre lo stesso status con i supermercati e negozi tradizionali come principale fonte di approvvigionamento. Ci sono risultati positivi anche per quanto riguarda le singole derrate alimentari oltre ai cereali di base abbiamo un elevato trend per le carni , il latte di prevalenza UHT; crescono anche le spremute d’ arancia naturali (apportatrici di Vitamina C) rispetto ai prodotti standardizzati quali succhi di frutta. Quindi il graduale ritorno alla normalità ha rallentato la crescita della spesa ma ha mantenuto le dinamiche di questa positive.


Ristorazione e Conclusioni

Il settore della ristorazione è stato uno dei più colpiti dall’emergenza sanitaria che ha interessato l’Italia e il resto del mondo.


La chiusura totale di tutte le attività come bar e ristoranti, i quali non potevano garantire la mancanza assoluta di contatto sociale, ha cambiato profondamente le sorti di questo settore andando a generare una crisi economica per tutti gli addetti ai lavori provocando così un effetto domino impressionante riguardo la chiusura dei locali per cessata attività o fallimento con un numero di 22.285 cessazioni (dati FIPE). Fortunatamente la maggior parte dei ristoratori si è saputa adattare introducendo il Food Delivery o anche chiamato cibo d’ asporto elemento importante che ha riguardato il settore durante l’emergenza coronavirus proponendo piatti d’asporto o da ultimare direttamente nelle nostre cucine comprensivi di ingredienti per la rifinitura.


Quindi a questo proposito la ristorazione ha dovuto riformulare i propri menù adattandoli alle nuove metodologie lavorative e adottando anche sistemi più sostenibili riguardanti i packaging per il trasporto e tutto il processo di conservazione delle materie prime fino ad arrivare al prodotto finito.


Possiamo concludere facendo un piccolo excursus nel passato … la produzione di cibo e del suo consumo era ed è dipesa dall’ andamento demografico, infatti tra i secoli XV e XVIII la crescita della popolazione mondiale (rispetto ad oggi) fu più lenta con un andamento alterno. Vi furono tre espansioni demografiche tra il 1100 e il 1750 non costanti perché assoggettate dalla presenza di epidemie (vaiolo, tifo, influenze, tubercolosi, etc...) che portarono alla diminuzione delle popolazioni, quella più devastante fu la peste che portò l’ Europa al dimezzamento delle stesse.


…Tornado ai giorni nostri questa pandemia ha cambiato ancora una volta l'Europa e il mondo in un batter d'occhio. Per questo si dice che avrà un impatto duraturo sul nostro modo di vivere e lavorare insieme ed è giunta in un momento in cui l’ Europa stava già attraversando un periodo di profondi cambiamenti demografici e sociali.



Di Emanuele Falcinelli - Riproduzione Riservata ©

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